Bianca o gialla? Ma chi le decolora?

Una notizia scientifica di sicuro interesse per noi peach lovers: scoperto il gene che decolora la polpa delle pesche. La ricerca è stata pubblicata dalla rivista scientifica internazionale The Plant Journal. I risultati dello studio aiuteranno il miglioramento genetico e a ottenere frutti di elevata qualità.  A fare luce su una delle più importanti caratteristiche di qualità di questi frutti è stato un gruppo di ricercatori dell’Università e dell’Istituto di Genomica applicata di Udine e del Centro di ricerca per la frutticoltura di Roma. La scoperta fornirà informazioni utili per il miglioramento genetico e per ottenere frutti di pesco di elevata qualità che possano combinare le caratteristiche migliori sia delle varietà bianche che di quelle gialle. I risultati della ricerca rappresentano anche un esempio di spiegazione degli effetti della selezione artificiale compiuta dall’uomo per migliorare le piante coltivate. Il team impegnato nello studio, lo stesso che ha decodificato il genoma del pesco, è guidato da Giannina Vizzotto e Michele Morgante del Dipartimento di scienze agrarie e ambientali dell’ateneo friulano.  Il gene decolorante, il gene che controlla il colore delle pesche (CCD4) codifica l’enzima (Carotenoide diossigenasi) responsabile della degradazione dei pigmenti carotenoidi, cioè i precursori della vitamina A, responsabili della colorazione gialla o rossa di molti frutti e semi largamente consumati, come pomodori e mais.
Nelle pesche originarie, che erano bianche, così come in tutte le varietà a polpa bianca attualmente coltivate, il gene produce una proteina completa e attiva che, degradando i pigmenti, li trasforma da gialli a bianchi. «Nel corso del tempo – spiegano Vizzotto e Morgante – sullo stesso gene sono intervenute tre mutazioni genetiche diverse e indipendenti, ciascuna delle quali ha indotto una perdita di funzionalità della proteina e, di conseguenza, la comparsa del colore giallo nella polpa dei frutti a seguito della mancata degradazione dei pigmenti». Negli ultimi secoli, le varianti genetiche prodotte da tali mutazioni sono state soggette a selezione artificiale da parte dell’uomo per conferire diversità di aspetto e di qualità alle pesche che oggi consumiamo. «Mentre le pesche bianche, grazie alla presenza dei prodotti di degradazione dei carotenoidi – specificano Vizzotto e Morgante –, sono più profumate e gradevoli, carattere questo che in realtà si è evoluto per rendere i fiori più attrattivi per gli insetti, le pesche gialle, in cui tali prodotti mancano, risultano di più facile conservazione».

 

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