Sai preparare la minestra maritata?
Sai preparare la minestra maritata? La minestra maritata è il piatto tradizionale che a Napoli si prepara per le festività, tanto da essere stata definita una pietanza di gala della cucina partenopea.
Sai preparare la minestra maritata? La minestra maritata è il piatto tradizionale che a Napoli si prepara per le festività, tanto da essere stata definita una pietanza di gala della cucina partenopea.
Come fare la casetta in pan di zenzero. Già in età medievale era diffusa una preparazione dolce a base di pasta frolla e spezie.
Tacchino: giovedì 28 novembre è il Thanksgiving day, una festa che per la sua importanza negli Usa equivale al Natale italiano.
Valentina Gallimberti con le sue belle foto e il suo pezzo "i miei primi sugoli" ce li ha fatti venire in mente anche quest'anno che li avevamo dimenticati: parliamo dei sugoli, una delle prime ricette pubblicate su questo quotidiano alimentare che Antonella Varotto ci ha regalato nel 2010 (sic), ricetta che poi abbiamo ripubblicato, ampliata, sotto il titolo "il più squisito dei budini".
Il metodo Talento. La menzione Talento è riservata a tutti gli spumanti italiani ottenuti tramite la seconda rifermentazione in bottiglia (metodo classico), utilizzando esclusivamente le varietà Chardonnay, Pinot Nero e Pinot Bianco certificate DOC, con un minimo di 15 mesi di affinamento sui lieviti e solamente di tipologia Brut. #chiediloaqb
Vi piace il sentore di pepe nel vino? Allora vi piace sicuramente lo Schioppettino di Prepotto! Questa caratterizzazione aromatica del pregiato autoctono dei Colli Orientali è attribuita proprio al Rotundone.
La molecola che si chiama Rotundone è stata oggetto di una ricerca pubblicata nel 2007 guidata dallo studioso Mango Parker dell’Australian Wine Research Institute (AWRI) di Adelaide. Successivi approfondimenti sono stati effettuati dal team del professor Fulvio Mattivi dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige.
Conosci l'ostrica di Chioggia? Si chiama Clò ed è il risultato di anni di ricerca e sperimentazione. Proviene dalle acque di Chioggia questo frutto bivalve vivo legato al territorio.
Riprendiamo un articolo già pubblicato nel 2014 (!) sul nostro mensile qubì a firma dell'amico esperissimo di cose friulane Enos Costantini sulla presenza storica delle fave in Friuli. Lucia Protto dell’Etnomuseo di Sauris ci raccontava affascinanti episodi storici sulle fave, con risvolti che riguardano anche le parole e la loro storia. Assolutamente da leggere! Pubblichiamo qui alcuni stralci dell’interessante descrizione-resoconto di Elena Valent sulle ricerche effettuate in proposito dall’ERSA FVG nell’ambito di un progetto speciale con tre anni di prove in campo che hanno consentito di individuare le tecniche agronomiche migliori sviluppate in passato.
v
Conoscete il coniglietto mannaro? Un piccolo logo che racchiude e racconta il senso della attività editoriale di QUBI' editore. È il momento di riparlarne visto che a breve sarà pubblicato un nuovo libro dal fantasmagorico e semplice titolo We love sardoni. In sardoni we trust. Non parliamo del coniglio mannaro affamato di verdure, che - nel film di animazione - Wallace e Gromit devono affrontare per salvare l'annuale Concorso della Verdura Gigante organizzato dalla esplosiva Lady Campanula Tottington.
Ci riferiamo al coniglietto che abbiamo scelto come simbolo della nostra casa editrice. Trattasi di uno dei tanti coniglietti assassini dei manoscritti medievali. Animali innocenti e indifesi che, a fondo testo, o nel margine delle pagine dei monaci amanuensi, si tramutano in killer spietati.
Olive ascolane: le conosci veramente? "Almeno il 90% delle olive all'ascolana che si gustano nei bar, nei ristoranti, sulle mense apparecchiate dai vari catering non hanno mai visto Ascoli, né il Piceno. Sono olive fritte ripiene. Gustose fin che si vuole, ma solo e soltanto generiche olive fritte ripiene. Sono copie dell'originale. L' oliva tenera ascolana è tutta un'altra cosa". È perentorio l'amico Moreno Pecchioli che dedica a questa squisitezza un lungo articolo su la Verità (nostra fonte per questo pezzullo). Alla fine dell'articolo troverete le indicazioni per prepararle a regola d'arte, in base ai consigli del Consorzio Oliva Ascolana del Piceno Dop.
La seconda edizione del Master sui vini naturali e non convenzionali porta in Italia l’assaggio geosensoriale. Appuntamento nei giorni 11 e12 giugno 2022 a Modena. Vini naturali, biodinamici, ancestrali saranno al centro del Master “Vini Naturali e non Convenzionali” organizzato da ONAV. Il tema, di grande attualità e di grande interesse da parte del trade e del consumatore, tratterà la comprensione socio culturale del successo di tali tipologie, con incontro con i produttori che hanno scelto questa strada fino allo studio dell’approccio all’assaggio geosensoriale.
Un metodo rivoluzionario che verrà spiegato direttamente dal suo riabilitatore, Jacques Rigaux, docente dell’Université de Bourgogne e autore del libro Il Vino Capovolto (Porthos edizioni).
La degustazione geosensoriale veniva utilizzata dai gourmet già nel XII secolo e fino alla Rivoluzione Francese ma fu poi progressivamente abbandonata: si basa più sulla bocca che sul naso per risalire al luogo di provenienza del vino. La consistenza che ci si aspetta, la vivacità, la viscosità si riconoscono in bocca, non al naso, in base allo stimolo alla salivazione che determinano. Obiettivo è quindi rivalutare “il gusto del luogo”. Un approccio affascinante, che sarà spiegato durante le lezioni.
"I vini naturali rappresentano un’anarchia intesa nella migliore accezione, il rispetto dell’individualità delle scelte e delle decisioni del produttore. Sono una realtà importante che non può essere ignorata dal mondo della degustazione", sottolinea il direttore ONAV Francesco Iacono.
"Il Ruchè è un vino eccellente, è un prodotto non solo di qualità ma che si lega fortemente a un territorio che gli dona l’unicità. La Regione crede in queste eccellenze e le sosterrà anche nel nuovo PSR". Con queste parole il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio ha aperto la 13° edizione della Festa del Ruchè di Castagnole Monferrato, che si svolge nei giorni 7 e 8 maggio 2022 nelle sale de la Mercantile di Castagnole Monferrato.
Un vino, il Ruchè, che, come ricordato dal presidente dell’Associazione Produttori del Ruchè Luca Ferraris, si dimostra in piena salute, la produzione in costante crescita ha sfiorato 1.010.000 bottiglie nel 2021.
Ma Nizza è Barbera? Certo che sì! IL 7 E 8 MAGGIO 2022 a Nizza Monferrato (Asti) torna il Barbera Forum con 64 produttori e 300 etichette in degustazione. Tour dei vigneti in bici, notte bianca e masterclass di sei macroaree del Nizza docg. Ospiti il formaggio Roccaverano dop e il Salame Cotto Monferrato.
La novità dell’edizione 2022: il Barbera Forum, al Foro Boario, apre sabato mattina e si entra esclusivamente per fasce orarie e su prenotazione.
Sono stati proclamati i 10 migliori Pinot Nero annata 2019, dal Consorzio nazionale del Pinot nero. Tutto pronto per l’evento che si terrà dal 29 aprile al 2 maggio 2022 in Alto Adige. La classifica, frutto di un’attenza selezione che si è tenuta a metà marzo, premia Anrar della Cantina Andriano, Baltasius della Tenuta Schloss Englar e Sanct Valentin della Cantina San Michele Appiano come i tre migliori Pinot Neri italiani 2019.
Manca poco. Manca poco. Sta per uscire un nuovo libro di qubì editore, che pubblica anche il mensile cartaceo qbquantobasta.
Il titolo del libro è Manca il sale? Manuale di cucina per indecisi e inaugura la nuova collana qubETTI 100e + grammi di cultura.
Derthona Due.Zero. Il Timorasso, storico vitigno autoctono dei Colli Tortonesi, si presenta. Un grande banco di assaggio con l’anteprima delle annate 2020 di Timorasso, due Masterclass e un convegno dedicato alla sostenibilità. Appuntamento a Tortona l’1 e 2 aprile 2022 nella storica sede del Museo Orsi. “Siamo entusiasti di poter tornare ad incontrare appassionati, operatori del settore ed esponenti della stampa, finalmente dal vivo – commenta Gian Paolo Repetto, presidente del Consorzio Tutela Vini Colli Tortonesi.
Quasi scomparso dalla mappa della viticoltura italiana, il Timorasso, vitigno autoctono a bacca bianca coltivato sin dal Medioevo nel comprensorio del tortonese, al crocevia di quattro regioni Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia-Romagna, a fine anni ’80 viene riscoperto grazie all'impegno e alla tenacia di un gruppo di giovani vignaioli locali, a partire dai primi pionieri come Walter Massa, Andrea Mutti e Paolo Poggio, che ne riscoprono l’antica tradizione e intraprendono la strada del rilancio. Se nel 2009 la superficie vitata a Timorasso all’interno della denominazione era di soli 25 ettari, oggi questo prezioso vitigno ne occupa più di 200.
“Nel 2020 è stata presentata la nuova futura sottozona Derthona, antico appellativo della città di Tortona – conclude Gian Paolo Repetto –. Un solo nome, per identificare tutti i vini prodotti con il Timorasso, con l’obiettivo di unire il territorio, il vino e il vitigno che è diventato il simbolo del Rinascimento dei Colli Tortonesi. Contemplerà tre tipologie e consentirà di valorizzare la grande capacità che si porta in dote il Timorasso, vale a dire quella di donare il meglio di sé con il trascorrere del tempo. Si tratta di un progetto molto importante per tutta la denominazione, in attesa di completare il suo iter per poter essere inserita definitivamente all’interno del disciplinare di produzione”.
Ingresso banco d’assaggio 2 aprile: 15,00 euro appassionati, 10 euro soci di associazioni di sommellerie
Convegno: accesso gratuito ma su prenotazione al seguente link: https://collitortonesi.com/registrazioni
Il chapati è un tipo di pane basso tipico della cucina indiana. Costituisce un cibo di base per molte regioni dell'Asia meridionale e non solo. L'impasto viene schiacciato e poi cotto su una piastra asciutta e molto calda. Si può usare anche la farina di miglio o di mais al posto di quella di grano. Viene servito in genere con zuppa di lenticchie, con vedure speziate e curry, e viene usato per ripulire il piatto di ogni avanzo di cibo. Le dimensioni del chapati variano a seconda della regione, un chapati indiano è di 15 cm di diametro, mentre quello pakistano è più piccolo, circa 5–10 cm di diametro.
Chapati di primavera
400 g Farina 00; 200 g Acqua; 10 g Sale; 300 g Pomodori rossi maturi; 1 Melanzana media violetta; 200 g Pecorino Romano DOP; 6 foglie di Basilico; 60g Olio evo; Sale q.b.
In una planetaria unire farina, acqua e sale; impastare fino a ottenere una massa omogenea. Coprire con pellicola e lasciare riposare per 10 minuti.
In abbondante acqua salata, sbollentare per 30 secondi i pomodori. Raffreddare in acqua e ghiaccio, spellare togliere i semi e tagliare a pezzetti.
In un tegame cuocere i pomodori a fuoco basso per 20 minuti con un cucchiaio di olio.
Tagliare la melanzana a tocchetti, passarla nella farina e cuocerla in padella con olio evo a fuoco alto, metterla quindi su carta assorbente e salarla.
Per il chapati di circa 80-100 grammi: Formare un disco molto sottile prima con mani, poi stenderlo con un matterello.
Cuocere il chapati in padella antiaderente calda 30 secondi per lato a fuoco molto alto, appena tolto dal fuoco cospargerlo di Pecorino Romano DOP.
Finitura e presentazione: Posizionare il chapati ancora caldo su un tagliere e tagliarlo in spicchi un piatto da portata.
Condire ogni spicchio con la crema di pomodori, le melanzane, i fiocchi di Pecorino Romano DOP e il basilico
Ricetta ideata da Michela Starita chef APCI (Associazione professionale chef italiani),
Conosci la crescionda? Mentre preparo un articolo per il numero di marzo di qb (spoiler: riguarda la gastronomia longobarda) mi imbatto in un dolce che non solo non ho mai assaggiato (urge provvedere) ma del quale non avevo neppure mai sentito il nome (gravissimo per chi si occupa di cibo e vorrebbe conoscerne tutto il conoscibile). La crescionda dunque. Un dolce di Carnevale, uno dei tanti che punteggiano le nostre regioni. Arriva dalla zona compresa tra Spoleto, Castel Ritaldi, Campello e la media Valnerina.
Teokguk, gnocchi di riso in brodo caldo
450 g di gnocchi di riso
7 tazze di acqua
200 g di manzo
3 - 4 spicchi d'aglio
3 cipolle verdi
2 cucchiaini di olio vegetale
2 uova
1 cucchiaio di salsa di soia
1 cucchiaino di olio di sesamo tostato
½ cucchiaino di pepe nero macinato
1 foglio di carta di alghe essiccate (gim aka nori)
1 peperone rosso (facoltativo) tritato
sale q. b
Tagliare la carne di manzo in fettine sottili e tritare gli spicchi d’aglio.
Portare l'acqua a ebollizione in una pentola capiente a fuoco alto; aggiungere la carne di manzo e l'aglio e cuocere per 5 minuti.
Abbassare il fuoco, coprire e cuocere per 20-25 minuti finché la carne sarà tenera e avrà infuso l'acqua con il sapore.
Arrostire entrambi i lati di una sfoglia di alga fino a quando diventa verde brillante e molto croccante.
Metterla in un sacchetto di plastica, schiacciarla a mano e lasciarla da parte.
Separare i tuorli dagli albumi delle uova, mettendo tuorli e albumi in ciotole separate.
Aggiungere un pizzico di sale a ciascun a ciotola e mescolare con una forchetta. Eliminare la calaza filante dai tuorli.
Aggiungere l'olio da cucina in una padella antiaderente riscaldata.
Agitare l'olio in modo che copra la padella, quindi rimuovere l'eccesso con un canovaccio, lasciando un sottile strato di olio sulla padella.
Spegnere il fuoco. Versare il composto dei tuorli nella padella e inclinarla in modo che si diffonda in modo uniforme e sottile.
Far cuocere sulla padella calda per circa 1 minuto.
Rovesciare e far riposare sulla padella per un altro minuto, affettare la frittata a listarelle sottili e metterla da parte.
Aggiungere gli gnocchi di riso alla zuppa bollente insieme alla salsa di soia e al pizzico di sale. Mescolare con un mestolo.
Coprire e lasciare cuocere per 7-8 minuti fino a quando tutti gli gnocchi di riso saranno saliti a galla e e si saranno ammorbiditi.
Versare gli albumi a poco a poco nella zuppa e cuocere per 30 secondi.
Aggiungere l'olio di sesamo, il pepe nero macinato e la cipolla verde tritata finemente. Mescolare.
Togliere dal fuoco e versare la zuppa in ciotole individuali.
Guarnire con strisce di uova, alghe tritate e peperoncino se lo si desidera.
Servire subito, con kimchi e altri contorni.
N.b. Se si aspetta troppo a lungo, gli gnocchi di riso diventeranno molli.
Veroni Salumi lancia la Briosa la mortadella preparata con prosciutto e guanciale. Da sempre conosciuta per la produzione di mortadella di alta qualità, l’azienda emiliana amplia l’offerta con una variante che contiene il -40% di grassi e il -30% di sale e calorie. Il salumificio si è da sempre contraddistinto per la produzione di mortadelle di alta qualità, una passione trasmessa da generazioni all’interno della famiglia Veroni.
“Ci siamo concentrati sul salume che più ci rappresenta per proporre al mercato una variante innovativa, frutto del connubio tra la nostra esperienza quasi centenaria e la costante attività di ricerca e sviluppo”, spiega Emanuela Bigi, marketing manager di Veroni. “Il risultato è una mortadella che incontra le esigenze alimentari del consumatore di oggi, sempre più consapevole di quello che porta in tavola”.
La parte magra della nuova mortadella Veroni è realizzata con carne di prosciutto, mentre per i lardelli è utilizzato il guanciale. Ingredienti a filiera tracciata. Insaporita da una miscela di spezie selezionate, la Briosa garantisce un alto contenuto di proteine a fronte di un minore apporto di calorie, grassi e sale. Il nome scelto da Veroni gioca con l’aspetto emozionale della mortadella, un salume associato all’allegria.
Sin dalla sua fondazione nel 1925, il salumificio emiliano ha fatto della mortadella il suo punto di forza. Già negli anni Trenta è stato il primo a produrre in Italia le mortadelle di grandi dimensioni e nel 1996 ha ottenuto il Guinness dei primati. La lenta cottura nei tradizionali forni di mattoni ne assicura il gusto delicato e la morbidezza tipica della mortadella.