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Nella foto: scarpene

Conoscete le trezze?

Concluso, dopo tre anni di studi e di ricerche, il progetto “TRECORALA- TREzze e CORalligeno dell'Alto Adriatico”, iniziativa per la valorizzazione e gestione sostenibile delle “trezze”, particolari affioramenti rocciosi dei fondali del Golfo di Trieste, fondamentali per la preservazione della biodiversità.  Per lungo tempo si è ritenuto che l'Alto Adriatico fosse caratterizzato soltanto da fondali fangosi e sabbiosi, dalla ricchezza dei nutrienti e dalla bassa profondità (max 30 m). In realtà questa relativa monotonia è spesso interrotta da innumerevoli affioramenti rocciosi, che sono stati indagati solo a partire dagli anni '60. Anche nel Golfo di Trieste, il bacino superiore del Mare Adriatico compreso tra le foci del Tagliamento e Punta Salvore – Slovenia, si riscontrano queste formazioni sottomarine che in loco sono chiamate “trezze”.

Il progetto “TRECORALA- TREzze e CORalligeno dell'Alto Adriatico” prende il via proprio dall'intenzione di valorizzare queste strutture e di consentire una loro gestione sostenibile, data la loro importanza dal punto di vista biologico. In un bacino caratterizzato da fondali fangosi e sabbiosi, le trezze rappresentano delle “oasi di vita” in cui si concentrano la flora e la fauna dei fondi duri e costituiscono veri e propri rifugi sottomarini, ricchi di biodiversità. L'eterogeneità dei fondi duri è infatti maggiore di quella dei fondi molli, determinando una ricchezza di ambienti e di popolamenti diversificati che contrastano vistosamente con l'apparente uniformità dei fondi molli circostanti.

Le trezze sono dunque delle autentiche riserve naturali per la riproduzione e l’insediamento di organismi marini, sia di quelli che vivono saldamente ancorati al substrato, sia di quelli che necessitano di un riparo. In altre parole sono dei veri e propri rifugi sottomarini, ricchi di biodiversità.

Gli obiettivi di TRECORALA sono stati: ampliare le conoscenze sulle trezze e sui fondali a coralligeno del Golfo di Trieste, valutare lo stato di salute (Good Ecological Status - GES) delle trezze e dell'impatto delle attività di pesca, con il coinvolgimento degli operatori del settore, individuare linee guida per la loro gestione, tutela e valorizzazione rafforzando l’attrattività e la competitività e contribuendo alla salvaguardia della biodiversità, formulare proposte gestionali su alcune risorse di particolare interesse commerciale, fornire gli strumenti necessari per la gestione transfrontaliera congiunta delle aree marine sviluppando anche il comparto turistico.

Le indagini, effettuate a livello multidisciplinare da geologi, biologi, fisici, chimici, italiani e sloveni, sommate agli studi precedenti, hanno mostrato che esistono circa 250 trezze solo nel Golfo di Trieste tra punta Sdobba e punta Tagliamento, di cui ne sono state indagate ben 54. È emerso come ciascuna di esse sia “unica”. La fascia di maggiore diffusione di questi affioramenti è localizzata sui fondali antistanti le lagune di Grado e Marano, a una distanza dalla linea di costa compresa tra 2 e 17 km, e a una profondità variabile tra 8,3 e 21,5 metri. Le aree interessate da questi affioramenti rocciosi si estendono poi dal Golfo di Trieste fino al litorale di Ancona, lungo tutta la costa nord-occidentale e occidentale dell'Alto Adriatico.

 

I risultati principali sono stati:

Il mare non può essere separato da linee di confine e i pesci non hanno passaporto. È necessario quindi lavorare insieme con comuni metodologie e strumentazioni per la protezione, la difesa dell’ambiente e anche per il suo sfruttamento sostenibile. Alla luce degli studi effettuati, per migliorare e aumentare la biodiversità nelle trezze si potrebbero introdurre dei meccanismi di tutela e protezione degli affioramenti quali ad esempio il blocco degli ancoraggi indiscriminati, l'uso di attrezzi da pesca idonei, il controllo delle attività di subacquee ma anche lo sviluppo di una cultura del rispetto basata sulla diffusione della conoscenza. Per il futuro, il progetto ha evidenziato la necessità di definire strumenti di pianificazione e di gestione congiunte e condivise anche a livello transnazionale per le aree a coralligeno. Si tratta di una tematica di notevole importanza in quanto riguarda un habitat prioritario anche in considerazione dell’attenzione sottolineata dalla Strategia Marina per il descrittore “Integrità del fondo marino”.

Tra le problematiche tuttora aperte ci sono: la necessità di individuare e definire le attuali minacce alle biocostruzioni; la valutazione delle future minacce connesse ai cambiamenti climatici; e la realizzazione di azioni standardizzate di conservazione, mitigazione e monitoraggio in siti selezionati.

 L'iniziativa, finanziata nell'ambito del Programma per la Cooperazione Transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013, dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale e dai fondi nazionali, vede la partecipazione di OGS – Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (nel ruolo di Lead Partner), Università degli Studi di Trieste - Dipartimento di Scienze della Vita, ARPA FVG, cooperativa Shoreline (realtà che gestisce la riserva di Miramare) e coinvolge i Comuni di Grado, Lignano Sabbiadoro e Marano Lagunare e l’Associazione Trezze di Lignano. È molto rilevante la partecipazione di importanti istituzioni slovene come la Stazione di Biologia Marina di Pirano (NIB), l’Università di Nova Gorica, il Ginnasio e Istituto nautico e elettronica Pirano.

 

 

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Frutti di mare alla busara


frutti di mae in Istriafrutti di mae in Istria

Sul finire dell’inverno l’Istria nord occidentale offre una delle sue prelibatezze più tipiche. Nei locali e ristoranti delle località di Umago, Cittanova, Verteneglio e Buie è il periodo ideale per assaggiare cappesante, cozze, tartufi di mare, arche di Noè (o mussoli), canestrelli e ostriche. Sono le Giornate dei frutti di mare che si svolgono dal 16 febbraio al 23 marzo 2015. Una vera esperienza culinaria adatta anche ai palati più raffinati! Il sapore al contempo delicato e intenso viene dal mare particolarmente pulito che permette l’esistenza di un ecosistema ricco e vario che caratterizza i fondali rocciosi e sabbiosi istriani. Le cappesante, in particolare, vengono pescate in mare perlopiù lungo la costa occidentale dell’Istria, vicino a corsi d’acqua dolce, soprattutto in prossimità della foce del fiume Quieto, noto per le varietà più pregiate. I frutti di mare vengono preparati secondo le antiche ricette dei pescatori: alla busara, con aglio, prezzemolo e pomodoro, o ancora arrostiti sulla griglia, cotti al forno o crudi, con il caratteristico olio di oliva locale e con il limone. In tutto sono una decina i ristoranti che partecipano all’evento e che per l’occasione metteranno a disposizione degli ospiti, oltre alla classica lista, un menu promozionale particolarmente vantaggioso.


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Laguna d'inverno: ganbari e schile

laguna d'invernolaguna d'inverno

La laguna d’inverno: Ganbari e Schile. Già il titolo incuriosisce in quanto o riporta un errore di battitura oppure di ortografia: davanti a P e B in genere ci va la M. La seconda ipotesi è quella corretta, almeno in dialetto maranese, in quanto in molte parole di questa parlata veneta viene preposta la N in sostituzione alla M davanti alle due pretenziose consonanti P e B! Siamo nei mesi invernali, quindi parliamo di una delle poche risorse alieutiche presenti in laguna: i gamberetti, crostacei che a differenza di gamberoni e mazzancolle sono specie di piccole dimensioni.


I Ganbari (Palaemon spp. e in particolare la specie Palemon  serratus) Cod. Fao  alpha3 CPR e le Schile (Crangon crangon) sono abbondanti e caratterizzano le lagune dell’Alto Adriatico dove vivono sui bassi fondali e nelle pozze di marea, in zone ricche di alghe (lattuga di mare, Ulva sp.) o nelle praterie di fanerogame lagunari dove trovano anche l’habitat ideale per la riproduzione.
Sono infatti tra le poche specie che, unitamente a molluschi lagunari e a pochi pesci quali il go’ e l’anguela, si riproducono all’interno delle lagune. I ganbari o ganbarei o gambereti hanno un rostro seghettato a punta e per questa ragione, a differenza del gamberetto grigio (schila), occorre fare un po’ di attenzione sia quando si manipolano sia quando si mangiano. Possono infatti pungere le mani e i palati di disattenti o impreparati fruitori di questi squisiti prodotti.  Al naturale sono quasi trasparenti, con striature laterali brunastre e sottili ma intense, bande colorate in blu che, alla cottura, assumono il tipico colore “rosso”.
L’intero ciclo della loro vita si svolge all’interno delle lagune e delle aree costiere riparate dove si riproducono da  maggio a settembre. Le dimensioni massime sono di circa 6 cm, ma la maggior parte degli adulti, nelle nostre regioni, ha taglia di 3-4 cm.

Come si pescano: Poiché i gamberi non compiono migrazioni tra la costa occidentale e quella orientale, essi rimangono una delle poche risorse che le lagune offrono durante i mesi invernali. La pesca viene fatta con seraie e con cogoi (bertovelli) a maglia fissa, posizionate nelle praterie di fanerogame (erbe). Nelle Lagune del Friuli Venezia Giulia, quando la miseria aguzzava l’ingegno spingendo all’uso delle risorse naturali fornite gratuitamente dal territorio, veniva esercitata anche una curiosa pesca manuale che consisteva nell’immergere nelle acque lagunari, in particolare in prossimità di foci fluviali, porti pescherecci e prati sommersi lagunari, delle fascine costituite da rami legati assieme; dopo un certo periodo di immersione venivano sollevati a terra o a bordo delle batele dove venivano recuperati i gamberetti che nel frattempo vi avevano cercato riparo. Questo era anche uno dei giochi, insieme alla togna e alla bilancia, praticati da noi bambini,che trascorrevamo le nostre giornate immersi nell’aria aperta. Provate a immaginare il brivido di entusiasmo che un bambino poteva provare quando, issata a terra la fascina, da essa cadevano 1, 2…5 gamberetti che si cercava di raccogliere con le mani serrate a coppa, mentre questi saltellavano a terra nel selciato.


Ganbari e schile in cucina (e nella dieta)

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Capesante, cozze e tartufi di mare

Capesante o cappesanteCapesante o cappesante

È il leit motiv della gastronomia istriana: la convivenza dei prodotti della terra e dei sapori del mare. Del resto la parte nord occidentale dell’Istria in Croazia è tutto un susseguirsi di villaggi di pescatori lungo le coste dell’Adriatico e di borghi incastonati tra le colline dell’entroterra. Ecco perchè sul finire dell’inverno si svolgono le Giornate dei frutti di mare, dal 10 febbraio al 23 marzo 2014.  Sul finire dell’inverno l’Istria nord occidentale offre un’altra delle sue prelibatezze più tipiche. Nei locali e ristorantini delle località di Umago, Cittanova, Verteneglio e Buie è il periodo ideale per assaggiare capesante, cozze, tartufi di mare, arche di Noè (o mussoli), canestrelli e ostriche.  Una vera esperienza culinaria anche per palati più raffinati! Il sapore al contempo delicato e intenso viene dal mare particolarmente pulito che permette l’esistenza di un ecosistema ricco e vario che caratterizza i fondali rocciosi e sabbiosi istriani. I frutti di mare vengono preparati secondo le antiche ricette dei pescatori: alla busara, con aglio, prezzemolo e pomodoro, o ancora arrostiti sulla griglia, cotti al forno o crudi, con il caratteristico olio di oliva locale e con il limone. In tutto sono una decina i ristoranti che partecipano all’evento e che per l’occasione metteranno a disposizione degli ospiti, oltre alla classica lista, un menu promozionale particolarmente vantaggioso con prezzi che vanno da 9,50 euro a 13,50 euro.

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Friultrota stellata con La Taverna

Una lezione con cena in compagnia degli chef della Subida di CormonsUna lezione con cena in compagnia degli chef della Subida di CormonsContinuano i seguitissimi appuntamenti che Friultrota propone nella sua sede di Aonedis di San Daniele per far conoscere i prodotti e soprattutto farli assaggiare nelle più seducenti preparazioni. Mercoledì 19 febbraio sarà protagonista "La Taverna” di Colloredo di Monte Albano locale insignito della Stella Michelin dal 1997.  Patron Piero Zanini e il suo giovane chef Luca Domini  presso la sala da pranzo di Friultrota  presenteranno le loro originali ricette.  Ecco i piatti in degustazione:
Composizione di “Aringa Sciocca”, mele, cetriolini e yogurt acido all’aneto
Petto di Pollo affumicato, nuvola di patate, crostino speziato e salsa al rosmarino
Crema di broccoli con praline di “Baccalà Mantecato”,”Sgombro Affumicato” e chips di polenta
Raviolo di pasta fresca alle due Trote (La Regina di San Daniele e il Fil di Fumo) su fonduta di porro e  caviale di Trota Regina
Insalata di puntarelle con Filetto di “Branzino al Naturale” fritto e salsa di acciughe del Cantabrico
Sfera al Tiramisù bianco e lamponi.

Tutto accompagnato da selezionati vini regionali
Il corso della durata di circa due ore e trenta, si svolgerà dalle ore 19.30 alle ore 22.00.
Il costo della serata, comprensivo di degustazione e dispensa, è di € 35,00
Per confermare la vostra partecipazione potete telefonare allo 0432/956560,
o inviare una e-mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
 

Friultrota di Pighin Srl
Via Aonedis,10
SAN DANIELE DEL FRIULI (UD)
Tel. 0432/956560 fax 0432/956726


 

 

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fumo trota

Tutto un altro fumo!


Walter Brisinello, Mauro Pighin

Per conservare gli alimenti, indispensabile strumento per la sopravvivenza, l’uomo nel corso dei millenni ha utilizzato sale, zucchero, fumo, acidificazione, essicazione (per citarne solamente alcuni). Anche l’utilizzo del freddo (come accade ai giorni nostri),  era noto all’uomo fin dall’antichità, ma non a tutte le latitudini era possibile disporre del ghiaccio proveniente dalle “ghiacciaie”, profonde fosse in cui veniva raccolta la neve durante l’inverno, per conservarla poi  per il resto dell’anno, adeguatamente protetta da uno spesso mantello di frasche. L’avvento su larga scala dei frigoriferi, dapprima a servizio dell’industria e poi negli ambienti domestici (fenomeno che ci riporta agli anni ’60) ha liberato l’industria dalla necessità dell’uso di concentrazioni elevate di sale o di utilizzo della disidratazione spinta. Il pesce, per esempio, poteva essere conservato in congelatore lasciandolo così com’era, per diversi mesi, anche se non era salato quanto un baccalà o essiccato quanto uno stoccafisso. Anche l’affumicatura, nel tempo, è andata via via modificandosi nella sua funzione, che, da conservante, ha assunto principalmente il ruolo di semplice aromatizzante. Sono andate quindi scomparendo le affumicature pesanti, per fare largo a fragranze più dolci e leggere, in grado di conferire ai prodotti una palatabilità più immediata e affine ai gusti dei giorni nostri.
In questo contesto evolutivo, intorno agli anni ’90, iniziarono ad affermarsi i cosiddetti “fumi liquidi” che, accanto a un costo decisamente più basso e a una gestione più semplice (è sufficiente nebulizzare tale aromatizzante sul prodotto e… il gioco è fatto!), sembravano poter dare maggiori garanzie anche sul piano igienico sanitario (ricordiamo che da una affumicatura condotta senza i dovuti controlli di processo possono originarsi composti insalubri). Ma in quanto alle fragranze… un disastro! Inutile dire che certuni, che hanno considerato la riduzione dei costi una priorità golosa e irrinunciabile, hanno preso immediatamente la palla al balzo. Altri, come noi di Friultrota, hanno continuato nella strada più impegnativa (e, sembrerebbe anche più salubre http://www.efsa.europa.eu/it/press/news/cef100108.htm) dei fumi naturali, a nostro avviso, più accattivanti anche dal punto di vista della complessità aromatica. Ma ci viene alla mente, in merito a quest’ultima, una curiosità davvero “fragrante e gustosa”, che va, però, doverosamente introdotta.
Il nostro e altrui palato si è educato, nel tempo, a riconoscere certe sensazioni organolettiche come positive. Questo imprinting gustativo – così dice la scienza – si determina già da quando siamo bambini (addirittura durante lo stadio fetale quando, al futuro neonato, arrivano per via ematica, certe molecole provenienti dal cibo che la gestante ha assunto). Per questo, ci sono graditi e ci rassicurano i sapori e i profumi retaggio della personale storia “mangereccia” (i sapori di quando eravamo bambini, per intenderci). Per la stessa ragione possiamo altresì rimanere sconcertati davanti a certe “leccornie” che vengono dalla storia di altre genti, particolarmente se lontane. In Islanda non ci sono alberi, salvo isolate macchie di betulle e salici nella parte meridionale. Sono abbondanti invece i pascoli magri, adatti all’allevamento degli ovini e caprini. In Islanda, per affumicare il pesce e le carni, si produce il fumo utilizzando, al posto dei trucioli di legno… lo sterco essiccato di pecora e di capra! E’ naturale pensare che le fragranze (chiamiamole così per rispetto agli Islandesi) che scaturiscono da un tale tipo di affumicatura, possano risultare, per noi, poco accattivanti! Che dite? Potenza dell’imprinting! A noi, che della dolcezza del “sospetto di fumo” (tanto deve essere leggera l’intensità dell’affumicatura) abbiamo fatto una bandiera, rimane il dovere di completare questa breve dissertazione, precisando alcuni aspetti relativi all’etichettatura dei prodotti alimentari affumicati. I prodotti per i quali sono stati utilizzati “fumi liquidi” devono riportare la dicitura “aroma di affumicatura” nell’elenco degli ingredienti, mentre per prodotti ottenuti con l’affumicatura “vera”, la dicitura può essere omessa (si dà per scontato che la definizione di “affumicato” che accompagna la descrizione dello stato fisico del prodotto, sia esaustiva), oppure può rientrare nelle voci “aromi naturali”, o “fumo da legno”. Morale: sempre attenti alla lista degli ingredienti, ma senza trascurare di “buttare l’occhio” sulla provenienza!



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Alieutica: cultura della pesca e del pesce

Gli esperti del mensile qbquantobasta Aurelio Zentilin e Giuliano Orel parlano ogni mese di alieutica nella loro seguitissima rubrica.  Qui a dire il vero qb era ancora quindicinale e tabloid e siamo a una bella cena di redazione da Emilio al Ristorante Montecarlo di Trieste. Pesca, colture marine, storia naturale, specie ittiche, sistemi di pesca: in una parola argomenti di alieutica. Il termine significa "ciò che riguarda la pesca" (e per estensione anche l'acquicoltura) ed è il titolo di un poema didascalico greco, una specie di manuale, la cui aridità espositiva viene temperata attraverso la poesia. Il poema è nato sulle rive dell'Adriatico e potrebbe essere perciò il punto di partenza per ricostruire l'importante storia della pesca e dell’acquacoltura di questo bacino a partire dall'epoca greca e romana, attraverso tutto il millennio della Serenissima, il periodo italo-austro-ungarico, quello italo-jugoslavo, per arrivare al momento attuale, in cui le sue risorse biologiche richiedono una gestione concordata tra sette regioni italiane da una parte e cinque stati sovrani dall'altra.

Oppiano, poeta del II sec. d.C., originario della Cilicia, scrisse "Alieutica" a Melite (Meleda in italiano, Mljet in croato), isola della Dalmazia meridionale, dove suo padre era stato esiliato. È intuitivo dunque

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Una serata smart a (quasi) tutta trota

 

Nello stabilimento Friultrota di San Daniele del Friuli, località Aonedis, c'è anche una accogliente e attrezzata sala con cucina. Ci sono stata qualche sera fa per un corso/lezione/degustazione/cena  diretto dallo chef del ristorante “Vitello d’Oro” di Udine, Massimiliano Sabinot. Ci sono andata per

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Moli: ricette curiose

Nel numero di marzo 2013 del mensile qb quantobasta fvg Aurelio Zentilin e Giuliano Orel ci hanno raccontato tutto sui moli, mancavano due curiose ricettine, non facillime da fare considerando la necessità di reperire la materia prima idonea.

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