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Non edibile. A proposito di bucce. E di croste.

A proposito di formaggi, argomento di grande attualità, e su bucce di agrumi, riproponiamo un articolo uscito sul mensile cartaceo qbquantobasta nel maggio 2016 a firma Michela di Maria. Ci piacerebbe ricevere qualche commento da parte dei nostri lettori.  Non EDIBILE: come, dove e soprattutto perché. Sempre più spesso compare l'indicazione “non edibile” su buccia di agrumi, crosta di formaggio o involucro per l'insacco dei salumi, prescrizione che ne vieta la commestibilità. La dicitura viene riportata sull'etichetta, qualora questi cibi siano confezionati, o in cartelli posti in prossimità del prodotto se venduto sfuso e preincartato (ovvero confezionato nel punto di acquisto del consumatore).
Gli agrumi diventano esternamente non utilizzabili a fini alimentari a causa dell'uso di sostanze chimiche che evitano la formazione sulla superficie di muffe o danno ai frutti un aspetto più luminoso e lucido. A differenza dei frutti a buccia sottile, gli agrumi possono essere trattati con dosi molto più elevate di queste sostanze e la buccia, in questi casi, non può più entrare a far parte dell’alimentazione umana sotto forma di frutta candita, liquori quali il limoncello, ingrediente dolciario o anche attraverso la spremitura meccanica. Generalmente i frutti biologici non subiscono trattamenti di superficie ma anche quelli che sono posti in vendita con le foglie evidenziano l'assenza di lavorazioni post raccolta, che ne provocherebbero la perdita o la lacerazione. La Corte di Giustizia Europea ha recentemente respinto il ricorso della Spagna che chiedeva l'annullamento dell'indicazione dei trattamenti effettuati sugli agrumi post raccolta, ribadendo la volontà sempre più spinta dell'Europa di tutelare il consumatore anche attraverso la sua corretta informazione.


Altra è la questione dei formaggi che riportano la dicitura “non edibile” sulla loro crosta. Infatti per questi alimenti la dicitura potrebbe essere segnale sia di trattamenti antimuffa sia di copertura con cera o plastica, ma potrebbe essere dettata anche da una questione igienico-sanitaria. Infatti alcuni produttori caseari suggeriscono di non consumare la crosta in quanto potenzialmente contaminata da Listeria monocitogenes, microrganismo patogeno, che può causare malattia al consumatore e che la norma comunitaria (Reg.CE 1441/07, sui criteri microbiologici applicabili ai prodotti alimentari) vuole assente nei prodotti alimentari. L'uso di questa avvertenza può essere un alibi per i produttori meno attenti al fine di abbassare la guardia riguardo il rispetto di standard elevati di igiene.
Acquistare un formaggio con la crosta non mangiabile, oltre a essere uno snaturamento di un cibo che da sempre viene apprezzato nella sua interezza, significa anche scegliere un prodotto con un grado di sicurezza alimentare inferiore, molto spesso allo stesso prezzo di uno qualitativamente migliore. Risulta sempre più determinante scegliere leggendo le etichette e soprattutto saperle leggere tra le righe per un indirizzo qualitativo sia a livello igienico ma anche, e sempre più, a livello nutrizionale.

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Come degustare i formaggi

Nel numero di luglio del mensile cartaceo qbquantobasta è stato pubblicato questo apprezzatissimo articolo, che riproponiamo on line in occasione del convegno "Dal latte alla tavola" che l'Accademia Italiana della Cucina Delegazione FVG propone il 23 settembre 2017 a Gorizia alle 15 nella sede di casa Sticsa Krainer in via Rastello. "Le innumerevoli trasmissioni televisive che affollano i vari canali, satellitari o terrestri, con programmi aventi per oggetto la cucina hanno portato alcuni a scoprirsi giudici severissimi delle varie preparazioni, senza peraltro avere la possibilità di assaggiarle; altri invece a scoprire la necessità, e il piacere, di sapere qualcosa in più sull’argomento. E ben venga la curiosità che porta a uno sviluppo del gusto! Nel linguaggio comune il gusto è l'insieme delle sensazioni che si provano mettendo in bocca un cibo o una bevanda. Tuttavia queste sensazioni non sono le sole con le quali giudichiamo un alimento: usiamo anche l'olfatto, la vista (il solo senso che utilizza il giudice di cui sopra), il tatto, l’udito. Quindi il gusto va considerato come una percezione globale, costituita da tutte le sensazioni che un alimento ci trasmette e che utilizziamo per dare un giudizio. Come gustare al meglio un formaggio, lasciando le degustazioni in termine strettamente tecnico ai panel di professionisti?
Dovremo sottoporre il nostro formaggio a un esame visivo, olfattivo e gusto-olfattivo, ma prima dovremo rispettare alcune regole importanti. Chi ama il vino sa che la temperatura di servizio è fondamentale: per il formaggio vale lo stesso principio, anche se il discorso è più semplice. I formaggi vanno quasi tutti assaggiati a temperatura ambiente, salvo quelli più freschi e cremosi che richiedono temperature leggermente più basse.
Molto importante è la scelta del coltello: vale la regola che più la pasta è molle e più la lama deve essere sottile e stretta. Al limite, per paste molto molli si può usare un filo metallico. Con i formaggi a pasta dura, invece, vanno usati coltelli a lama larga e spessa. Con formaggi che presentano una grana grossolana, come il Grana o il Parmigiano, ma anche alcuni Latteria stagionati, si usa il classico coltello a mandorla che "spacca" il formaggio per
esaltarne la granulosità.

Selezione di formaggi della Malga alta CarniaSelezione di formaggi della Malga alta Carnia

Dal momento in cui viene tagliato, il formaggio entra in contatto con l'ambiente esterno ma soprattutto con l'ossigeno dell'aria, che porta a un graduale peggioramento delle caratteristiche. È quindi opportuno acquistare quantità piccole di formaggio e consumarle nel tempo più breve possibile. Rispettati i criteri basilari sopra elencati, possiamo passare all’analisi sensoriale del formaggio.
Le prime caratteristiche da valutare sono la forma, le dimensioni e le caratteristiche della crosta. Quest'ultimo dato ci informa sulle caratteristiche di lavorazione. Per esempio le croste fiorite sono caratterizzate da presenza
di muffe sulla superficie; le croste lavate caratterizzano i formaggi maturati lavando la crosta con siero, salamoia, olio o alcol; inoltre le croste possono essere lisce, rugose o canestrate a seconda del contenitore nel quale è stata
posta la cagliata per dare la forma.  L'unghiatura è la parte sottostante la crosta, che assume generalmente un colore più scuro: deve essere presente, ma non troppo spessa ed evidente. L'occhiatura è la presenza di buchi all'interno della forma: è bene che sia ripartita regolarmente, con dimensioni omogenee dei fori.La consistenza della pasta si esamina al tatto: può essere molle, semidura o dura, elastica, granulosa, untuosa, secca.


I profumi che un alimento può offrirci sono molteplici, e infatti l'analisi olfattiva è la più complessa tra le analisi sensoriali. Il momento più difficile è quello di identificare, dandogli un nome, un particolare odore che percepiamo distintamente. Le principali famiglie degli odori riferiti al formaggio sono: odori lattici (latte fresco, latte acido, latte bollito, yogurt, burro, panna); odori vegetali (erba, muschio, fieno); odori speziati (pepe, noce moscata, zafferano, chiodi di garofano,); odori floreali; odori di tostato (cioccolato, caramello, vaniglia, di bruciato, di affumicato); odori animali (stalla, cuoio, pelo di animale). Come gusti si possono riconoscere unicamente il dolce, il salato, il piccante, l'acido, l'amaro e l’astringente. Gli aromi, ovvero le sensazioni olfattive che ritornano per via retronasale, saranno simili ai profumi percepiti con l'olfatto ma modificati, resi più complessi. La persistenza gusto-olfattiva è la durata del sapore, che può variare da qualche secondo fino a oltre 30 secondi. Da ultimo, si potrà valutare la consistenza in bocca, che può essere dura, elastica, deformabile, fine, granulosa, gommosa.
Il discorso può sembrare complesso, in parte lo è, ma apre un mondo di nuove sensazioni".

credit foto Ennio Pittinocredit foto Ennio Pittino

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A Cheese 2017 presentato il ÇUÇ

"La presenza a Cheese 2017 del Friuli Venezia Giulia, grazie a Slow Food, in collaborazione con  Ersa e PromoTurismoFvg con la Strada del Vino e dei Sapori, conferma una volta di più la bonta della scelta di far conoscere e dare valore aggiunto alle nostre produzioni casearie. Strada lunga e su cui c'è ancora molto da fare, ma fondamentale, per rilanciare l'intera zootecnia da latte e far conoscere l'eccezionale qualità dei nostri prodotti a partire da quelli della montagna come il "cuc", nuovo presidio Slow Food e oggi rappresenta i nostri formaggi di malga ", sottolinea 'assessore regionale alle Risorse agricole e forestali, Cristiano Shaurli, commentando il successo della presenza della Regione alla 20/ma edizione di Cheese, la più grande manifestazione della produzione casearia artigianale, in corso fino al 18 settembre a Bra (Cuneo).  La Regione FVG è presente a Bra con uno stand istituzionale di 50 metri quadri, che propone ai visitatori frico e assaggi di formaggi a latte crudo di tutta la regione, sia presidi Slow Food, sia marchio AQUA, sia di altre piccole produzioni locali. Allo stand realizzato da Slow Food Friuli Venezia Giulia in collaborazione con Ersa e Promoturismo, hanno aderito 18 produttori regionali di formaggio a latte crudo. Sono state rappresentate tutte le categorie: dal latteria al Malga, dal latte di capra al latte vaccino. Inoltre c'erano anche i prodotti dei Presidi Slow Food: il Formaggio di Latteria Turnaria, il Formadi Frant e, appunto, il nuovissimo Formadi çuç. I formaggi sono stati degustati dal pubblico in abbinamento con i vini bianchi di una ventina di cantine regionali della Strada del vino e dei sapori, che hanno aderito alla manifestazione.

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Made in malga 2017

Vi piacciono i formaggi montagna? Potrete trovarli riuniti, provenienti da tutta Italia, alla mostra mercato nazionale di Asiago, curata da Alberto Marcomini, un nome che nel settore degli appassionati e cheese addicted non ha bisogno di presentazioni. Mostra mercato di formaggi ma anche di prodotti della montagna (provenienti da un'altitudine dai 600 mt in su). E c'è anche un Salone dei Vini di montagna e vini estremi. Decisamente interessanti i laboratori con abbinamenti inconsueti come il Parmigiano Reggiano di montagna con il vermouth Mulassano o i vini dello Jura francese con il formaggio Comtè a latte crudo vaccino.


Orari
Giovedì 7 settembre '17 - dalle ore 12.00 alle 19.00
Venerdì 8 settembre '17 - dalle ore 09.00 alle 19.00
Sabato 9 settembre '17 - dalle ore 09.30 alle 19.00
Domenica 10 settembre '17 - dalle ore 10.00 alle 19.00
Ingresso libero
SALONE INTERNAZIONALE DEL VINO DI MONTAGNA E DELLA VITICOLTURA ESTREMA

Giovedì 7 settembre ‘17 dalle ore 16.00 alle 22.00
Venerdì 8 settembre ‘17 dalle ore 16.00 alle 22.00
Sabato 9 settembre ‘17 dalle ore 11.00 alle 22.00
Domenica 10 settembre ‘17 dalle ore 11.00 alle 19.00

L’ingresso alla manifestazione è libero

Per saperne di più su

Le tappe del Circuito
L'elenco degli espositori
Laboratori del formaggio e del vino
Laboratori dell'artigiano
L'Osteria di montagna
La musica in piazza Carli

CLICCA QUI

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Il taglio del malgaro a Malga Losa

Nei primi giorni di Agosto è tradizione assaggiare la prima forma di formaggio della stagione. Il primo taglio solitamente è riservato ai Malgari che possono valutare come sta procedendo il frutto del tanto lavoro della Malga. Da quest’anno Malga Losa è presidio Slow Food per il “Çuç, il formadi di mont”. E ha deciso di condividere con chi lo desidera il primo taglio del malgaro. Domenica 6 agosto 2017 dalle 9 (ogni mezz’ora fino alle 11:30) è disponibile un bus navetta dal Ristorante Riglarhaus di Lateis (frazione di Sauris).  Chi vuole salire a piedi (2h circa) può  lasciare la macchina qualche km sopra Lateis dovesi trova anche la segnaletica.

Ore 11.30 Apertura della Prima Forma del Malga Losa 2017 e degustazione.

Ore 12.00 pranzo con il seguente menu: Antipasto di salumi Wolf e formaggi Malga Losa- Gnocchi con burro fuso e ricotta affumicata- “Scueta di sedon” (ricotta appena affiorata)- Macedonia di piccoli frutti dell’Azienda Agricola Domini di Lateis. Il tutto accompagnato con Zahre Beer di Sauris e succo di mele di Ecomela la Carnica.

Ritorno a Lateis con Navetta dalle 16 alle 18.
Sarà possibile prenotare il formaggio Malga Losa 2017 con ritiro a fine stagione.
Costo 25 euro (Navetta, pranzo, bevande durante il pasto e panorami inclusi)  Per info e prenotazione: Ufficio Turistico IAT di Sauris 0433 86076

T 0433 86076

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Torna il concorso Racconta il tuo formaggio del cuore

In occasione della manifestazione autunnale “Gemona, formaggio e dintorni” l’Ecomuseo delle Acque e la Condotta Slow Food della Carnia “Gianni Cosetti” promuovono la terza edizione del concorso “Raccontate il vostro formaggio del cuore”. Lo scopo è di fare conoscere diversità e qualità dei formaggi a latte crudo prodotti in Italia e nelle vicine Austria e Slovenia. Dalla prima edizione il nostro mensile è media partner e attivo sostenitore dell’iniziativa, anche con la pubblicazione dei testi vincitori. Il concorso è rivolto ad appassionati scrittori di cucina (food blogger e food writer) ma anche a tutti i lettori che vogliano confrontarsi con il formaggio e con le numerose ricette che lo vedono come ingrediente, sia della tradizione sia dell’innovazione. L’obiettivo è di conoscere e fare conoscere a fondo questo prodotto. Da dove arriva e come viene fatto quel certo tipo di formaggio? Perché è espressione di quel territorio e non di altri? Senza un buon latte si ottiene comunque un buon formaggio? Un buon formaggio ha necessità di additivi e conservanti? Perché i formaggi a latte crudo stanno scomparendo? A queste e ad altre domande il concorso chiede di dare risposta. Gli “appassionati scrittori di cucina” vengono invitati ad andare oltre la ricetta raccontando non solo la preparazione di un piatto a base di formaggio ma anche la storia di quel formaggio e il suo luogo di origine.
Nel 2015 gli articoli vincitori sono stati gli articoli che parlavano di Tabor e Jamar eccellenze del Carso, Dalle malghe alle Latterie turnarie, Stracchino all'antica delle Valli Orobiche. Nel 2016 i vincitori hanno scritto di Agrì di Valtorta, Asìno, Morlacco del Grappa.

Per partecipare al concorso è richiesto l’invio di un articolo inedito che descriva un formaggio a latte crudo delle regioni italiane, dell’Austria o della Slovenia, che abbia peculiarità particolari o sia a rischio di estinzione (come i Presìdi o i prodotti dell’Arca del Gusto di Slow Food), illustrandone caratteristiche, territorio e modalità di produzione. Il testo, della lunghezza massima di 5000 battute spazi inclusi, potrà essere presentato in lingua italiana, tedesca o slovena. A corredo dell’articolo andranno allegate foto, documentazioni storiche, riferimenti bibliografici e una ricetta della tradizione rivisitata o una preparazione personale avente come ingrediente principale il formaggio a latte crudo oggetto della descrizione. L’iscrizione è gratuita.
Articolo e allegati dovranno essere trasmessi via mail all’indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. entro le ore 24 del 15 ottobre 2017. All’articolo andrà aggiunto un breve profilo dell’autore.
La giuria sarà costituita da giornalisti professionisti, esperti del settore lattiero caseario e rappresentanti degli enti organizzatori. I membri della giuria valuteranno in forma autonoma gli scritti. La premiazione è in programma domenica 12 novembre 2017 a Gemona del Friuli. Tutti gli articoli pervenuti saranno pubblicati sul quotidiano on line www.qbquantobasta.it. L’articolo vincitore sarà pubblicato sul mensile cartaceo qbquantobasta.
I primi tre classificati verranno premiati con una selezione di formaggi Presìdi Slow Food presenti alla manifestazione “Gemona, formaggio e dintorni” e con un abbonamento annuale a qbquantobasta.
Info: Ecomuseo delle Acque del Gemonese tel +39 338 7187227 - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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Quale sarà il miglior Montasio DOP 2017

I nomi dei vincitori del 15° Concorso interregionale del Montasio DOP 2017 saranno svelati domenica 9 luglio a Malnisio di Montereale Valcellina alle 11 nell'ambito della Festa del Formaggio, nell’area dell’ex centrale elettrica Pitter. 25 i produttori che hanno partecipato. “Siamo felici di sostenere questo progetto - ha aggiunto Marco Bagnariol direttore di Confcooperative Pordenone - perché molte delle realtà che producono il Montasio sono nostre aderenti: tutto il settore lattiero caseario sta attraversando un periodo molto difficile, ma proprio eventi come questo, che puntano a valorizzare e promouovere presso il consumatore le qualità uniche di tale prodotto, possono aiutare nell'affrontare le sfide future”.

Sabato 8 luglio, dopo la presentazione del libro “Il cibo produce e trasforma il paesaggio” con l’autore Moreno Baccichet (alle 18) sarà degustato il primo Montasio bio prodotto in Friuli Venezia Giulia. Domenica 16 luglio appuntamento con i formaggi caprini del Friuli Venezia Giulia, con varie tipologie di caciotta- I formaggi saranno inoltre protagonisti nel menù della cucina.

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Burrata di Andria è IGP

La Burrata di Andria, formaggio fresco prodotto con latte vaccino a pasta filata con panna, tipicamente pugliese, è la seconda indicazione geografica protetta dopo il Canestrato di Moliterno. L’involucro è costituito esclusivamente da pasta filata che racchiude, al suo interno, una miscela di panna e pasta filata sfilacciata.
La Burrata nasce nei primi decenni del 1900 grazie all'ingegno di un imprenditore locale che escogitò questa soluzione per conservare il latte e la panna, che non poteva consegnare a causa di una forte nevicata. Si ispirò alla mantèca, formaggio a pasta filata contenente burro.


foto by domaniandriese.it, finedininglovers-it.cdn.crosscast-system.com, caseificioprimolatte.com

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I segreti del formaggio Asìno

Pubblichiamo il racconto del formaggio Asìno che ha ottenuto una menzione speciale al concorso "Raccontate il vostro formaggio del cuore, concorso indetto da Ecomuseo delle Acque in collaborazione con la Condotta Slow food della Carnia "Gainni Cosetti", il Comune di Gemona del Friuli e la Proglemona in collaborazione con il mensile di gusto e buon gusto qbquantobasta. La giuria del Premio era formata da: Federico Mariutti chef dell’Osteria Turlonia ristorante dell’Alleanza dei cuochi di Slow Food, Irene Piazza casara a Malga Cavallara, Adriano del Fabro giornalisto, Max Plett presidente di Slow Food FVG, Sara Mardero presidente della Pro Glemona, Giovanni Venturini assessore all’agricoltura del Comune di Gemona del Friuli.


La storia di questo prodotto è il racconto di una famiglia che ogni giorno, con passione e un pizzico di magia, realizza il “miracolo” dalla crosta sottile e il cuore morbido. Parliamo dell’Asìno, un formaggio d’eccellenza dal 1997 incluso nella lista prodotti PAT. Sebbene un formaggio salato chiamato Furlan comparisse già nel Duecento sulle sontuose tavole dei prelati a Venezia e Trieste, è in Val d’Arzino, in Pieve d’Asio, che dobbiamo recuperare le radici del prodotto. Il nome Asìno, infatti, non presuppone l’impiego di latte d’asina nella produzione ma denota la particolare collocazione geografica che dà i natali a questo prodotto. La prima fonte certa in cui troviamo notizia dell'Asìno è dello storico Enrico Palladio scritta in latino, Rerum Foroiuliensium nel 1659: “...qui Asìnum vocant ab Aso pago...”. Vi è poi una lettera del 1749 che il Vescovo di Concordia Giacomo Maria Erizzo inviò al Pievano d'Asio per assicurarsene un'adeguata scorta: “... siamo ora al tempo delli formaggi asìni, non vorrei mi succedesse qualche disguido per tali frutti...”. Altri documenti, quali un bando del 1775 che riporta i prezzi del formaggio Asìno e i Calmieri su carni e formaggi del 1812, dimostrano la diffusione e l'importanza di tale prodotto sul mercato locale.

L’azienda a gestione familiare che oggi realizza l'Asìno, si cartterizza per il logo che raffigura un ragazzo intento a consegnare i primi formaggi con un asinello, quasi a voler ironizzare sul facile equivoco linguistico che scaturisce dal nome del prodotto. Eppure, dietro questa scelta, si cela un racconto di vita vissuta e di tradizione profonda. L’Asìno è un formaggio ottenuto da latte bovino lavorato a crudo di una sola munta, che si coagula alla temperatura di 36°C circa. Viene inoculato con lattoinnesto naturale o con fermenti che vengono selezionati con cura e provengono dalla medesima area produttiva. Il caglio è di vitello. Della dimensione di una noce sono i granuli derivanti dalla rottura della cagliata, cotta intorno ai 45°C. Dopo la pressatura e l’asciugatura (per 10 giorni), le forme vengono fatte fermentare in catini di legno chiamati salmueries, in un mix di sale, acqua e latte dove acquisiscono morbidezza e sapidità. La peculiarità sta nel fatto che le conche non vengono mai svuotate e la miscela viene di volta in volta aggiustata con ricolmi dei medesimi ingredienti e rimestata ogni giorno: immergendo il braccio nella salmuerie il casaro capisce come equilibrare la salamoia che, suscettibile agli influssi lunari, si ispessisce o si disgrega facendo affiorare la parte grassa del composto. Contribuiscono ad aggiungere umori e tipicità al liquido di conservazione anche le formaggelle stesse che, cullate dal rimestare, a volte si sfaldano. La proporzione tra gli ingredienti alla base della salamoia resta, ovviamente, un segreto. È l’alchimia tra più sostanze a decretare la riuscita del prodotto, resa possibile dalla natura, che, sola, compie la più grande delle magie. Infatti, tra la salamoia, il formaggio e le conche di legno (di solito in rovere, faggio o larice) si crea uno scambio continuo ed equilibrato di odori e sapori che rendono l’Asìno unico in ogni forma e dimostrano l’irripetibilità del suo processo di fermentazione in termini industriali o in recipienti diversi da quelli attualmente usati. Basti pensare che alcune delle conche dove viene realizzato hanno addirittura duecento anni e non sono mai state ripulite!
         

Nelle salmueries vengono fatti fermentare l’Asìno tenero, spalmabile, che permane nei tini per appena 10-12 giorni e il Furlan o Pradis, conosciuto come Formaggio salato per la spiccata sapidità e consistenza, prodotto in malga a Clauzetto e fatto fermentare per almeno 3-4 mesi. L’Asìno è un formaggio egocentrico che dà il meglio di sé in purezza, ma dimostra una notevole versatilità in cucina. La ricetta che lo vede assoluto protagonista è molto antica e vanta un brevetto che la tutela legalmente dagli anni ‘70. Si tratta della “Balote” che presuppone la realizzazione di sfere di polenta al cui centro si posiziona un generoso pezzo di formaggio; poi, sempre manualmente, la sfera di polenta va richiusa e posta sotto la cenere. Questo piatto tradizionalmente veniva dato ai pretendenti che chiedevano in sposa le giovani in età da marito: la consegna della “Balote” era sinonimo dell’ingresso in famiglia del futuro genero. La distribuzione dell’Asìno è diffusa nel nord Italia e parzialmente all’estero dove è promosso in fiere e degustazioni. Apprezzato dai turisti, è sicuramente un inconfondibile sigillo di territorialità per il Friuli Venezia Giulia poiché ne testimonia storia e tipicità che, unite all’eccezionalità del processo produttivo, rendono questo prodotto unico e irripetibile.  

Ricetta de “La Balote”
Ingredienti    
2 litri di acqua; 450 gr di farina di mais gialla; 500 gr di Asìno
Procedimento
Cuocere la polenta per 50-60 minuti, aggiungere il formaggio grattugiato e mescolare bene. Rovesciare la polenta su un tagliere e ricavarne una dozzina di porzioni a forma di grosso gnocco. Ottenere un incavo all’interno delle porzioni e riporvi 50 gr di Asìno. Richiudere dando la forma di una sfera e far gratinare il tutto in forno per sciogliere il formaggio. È consigliabile arricchire il piatto con un contorno di funghi trifolati e profumati con erbe aromatiche.

Riferimenti bibliografici
L’unicità di questo racconto deriva dalla viva voce della famiglia Tosoni, custode di questa tradizione, che mi ha gentilmente rilasciato l’intervista. Per approfondimenti è possibile consultare i seguenti siti internet e volumi:
•    Un morso alla 'balote'. A Clauzetto è tempo di preparare la polpetta di polenta con ripieno di formaggio, di Rossano Cattivello su “Il Friuli.it” del 05/08/2013.
•    Una balote con brevetto, di Rossano Cattivello, su “Il Friuli”, 26 agosto 2011 pag. 59
•    C. Corradini, Le cucine della memoria, Forum Editore, Udine 2002.
•    G. Rorato, F. De Santa, La grande cucina del Friuli Venezia Giulia, Dario De Bastiani Editore, Treviso 2007.
•    The Italian Wines From Friuli Venezia Giulia.
•    http://www.pordenonewithlove.it/cosa-fare/Gusto-536/Prodotti-tipici-109/Asino-3143
•    http://www.ilgiornaledelcibo.it/formaggio-salato/
•    http://www.fondazioneslowfood.com/it/arca-del-gusto-slow-food/salato/

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Agrì di Valtorta a latte crudo

Si sono svolte a Gemona del Friuli domenica 13 novembre 2016 le premiazioni della terza edizione del concorso “Raccontate il vostro formaggio del cuore” promosso dall’Ecomuseo del Gemonese in collaborazione con il comune di Gemona del Friuli, la Pro Glemona, la condotta Slow Food della Carnia “Gianni Cosetti” e il nostro mensile qbquantobasta.
La giuria del Premio era formata da: Federico Mariutti chef dell’Osteria Turlonia ristorante dell’Alleanza dei cuochi di Slow Food, Irene Piazza casara a Malga Cavallara, Adriano del Fabro giornalista, Max Plett presidente di Slow Food FVG, Sara Mardero presidente della Pro Glemona, Giovanni Venturini assessore all’agricoltura del Comune di Gemona del Friuli.Questo il racconto della vincitrice
Eleonora Gaspari.

Ricordate il film “Ritorno al Futuro 2”, dove Doc, Marty e Jennifer si ritrovano catapultati nel futuro, con la loro De-Lorean? Oggi, con questo mio racconto, vorrei farvi fare un tuffo nel passato, con una macchina del tempo un po’ particolare: l’Agrì. Cos’è l’Agrì? Un piccolo formaggio cilindrico, di latte vaccino intero a pasta cruda, la cui particolarità è data dalla tecnica di produzione, che non solo richiede tre giorni di lavorazione, ma anche una speciale manualità da parte del casaro. Si produce solo a Valtorta, in Lombardia. Un piccolissimo comune della Val Brembana, poco meno di 300 abitanti, a ridosso delle montagne, dove una stradina lastricata collega il municipio al duomo e alle scuole.

Arrivo a Valtorta in una uggiosa giornata autunnale: un’atmosfera surreale avvolge il paesino, non si sentono rumori di macchine o motorini ma solo l’acqua che scorre nel ruscello
e i saluti delle persone. Un brivido. Mi torna alla mente la cascina dove abitava mia nonna. Una cascina in mezzo al nulla nella bassa bergamasca, dove in estate l’unico suono era il canto dei grilli o delle ranocchie dentro il fosso, mentre d’inverno era lo scoppiettìo della legna che ardeva nella stufa a scandire le nostre serate. Anche il dialetto, seppur con parole diverse, mi
ricorda la nonna e i suoi discorsi, a volte per me incomprensibili, che faceva con le altre donne del paese. Mentre mi avvicino al piccolo caseificio la nostalgia si dissolve per lasciar posto a una piacevole sensazione di familiarità con quello che mi circonda. D’altronde anche la nonna amava i formaggi!

A Valtorta ancora oggi si produce l’Agrì secondo tradizione e rigorosamente a mano. Un tempo, quando i collegamenti con il fondovalle erano tutt’altro che agevoli, le donne impastavano in casa quella che veniva chiamata “pasta di agro” per poi portarla a piedi, dentro gerle e fagotti, attraverso i pascoli di Ceresola e i Piani di Bobbio, nella vicina Valsassina. Qui la pasta di
Agrì veniva venduta agli artigiani di Barzio e Introbio che la trasformavano nel prodotto finito.
Negli anni Cinquanta e Sessanta del ‘900 i contadini della zona, si riunirono in cooperativa e fondarono la latteria, tuttora in attività, con lo scopo di raccogliere il latte dei soci e trasformarlo in formaggio, burro e panna svolgendo anche una funzione sociale, tuttora oggi importantissima per i piccoli allevatori della valle, che senza la latteria sarebbero costretti a chiudere le loro attività. Fulcro economico di Valtorta, la latteria non a caso è posta sulla stradina principale: ancora oggi raccoglie il latte appena munto delle mucche che pascolano in valle e che i maestri casari trasformano nei tradizionali Formai de Mut, stracchino e Agrì.

L’Agrì –il nome significa “acido”– è un formaggino cilindrico del peso di 50 grammi Per produrlo con il latte crudo, che ha una temperatura compresa tra 35° e 37°C, vengono aggiunti del siero acido conservato dalla lavorazione del giorno precedente e del caglio, solitamente di abomaso di vitello. (L’abomaso è la parte di stomaco che serve per digerire il latte materno. I vitellini vengono macellati a 40 giorni dalla nascita per recuperarne gli enzimi). Una volta che la cagliata è pronta, si fa scolare il siero e si raccoglie la pasta mettendola in panni di lino. Viene quindi appesa e fatta scolare per due giorni. A questo punto la cagliata, dall’acidità ormai altissima, viene impastata con un poco di sale e manipolata fino a formare dei cilindri di 3 cm di diametro e di circa 5 cm di lunghezza che poi si lasciano asciugare. Si tratta di una produzione unica, ancora oggi fatta rigorosamente a mano. Ed è proprio qui che si vede l’abilità del casaro, soprattutto perché non si utilizzano bilance, ma è la mano che determina peso e forma del cilindretto.

Accedendo dal retro della latteria sociale, è possibile ammirare con quanta maestria e manualità vengono prodotti i cilindri di formaggio, tutti simili ma non uguali. In pochi minuti e con movimenti ben precisi, dalla semplice pasta nasce l’Agrì! Come i marinai rimanevano ammaliati dal canto delle sirene, io rimango ammaliata dai movimenti perfetti della mano del casaro. Eh sì, basta solo una mano per produrre questi piccoli gioielli e bastano pochi morsi per assaporarne la bontà. Colpita e affondata al cuore!

L’Agrì si consuma prevalentemente tra gli 8 e i 15 giorni dalla produzione. Il sapore è dolce e aromatico, dal profumo delicato. La pasta, che è bianca e morbida nel formaggio fresco, diviene più compatta in quello stagionato. La crosta, assente nel prodotto fresco, con la stagionatura si trasforma, assumendo un colore variabile dal
giallo al grigio. Questo formaggio era parte essenziale dell’alimentazione contadina e per questo motivo viene utilizzato in diversi modi, grattugiato, servito con altre pietanze, consumato in versione dolce con zucchero e cannella o in versione salata con olio e aceto balsamico.

Ecco la mia ricetta Gnoccone con l'agrì e foglie di cavolo nero

 

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